Luigi Antonelli: campione abruzzese di transmedialità

«La distribuzione digitale è semplice, arriva ovunque e costa poco, o ci adattiamo o diventeremo dei dinosauri»: Barry Mayer, amministratore delegato della Warner Bros Entertainment, ravvisa l’urgenza di affiancare, ai tradizionali canali di distribuzione dei contenuti per l’intrattenimento, la distribuzione digitale, per non retrocedere sul mercato. In un ambiente mediatico in continua evoluzione, il web è l’universo che scambia e diffonde anche contenuti di interesse culturale. Ma siamo sicuri che la logica della transmedialità sia una prerogativa delle nuove generazioni? Nell’epoca dell’interconnettività, il know how è la conoscenza non più che in passato, e la transmedialità è un’attitudine propria dell’essere umano: tra il XV e il XVI secolo, Leonardo da Vinci è stato uno dei più grandi narratori e innovatori transmediali di tutti i tempi. Il genio toscano, interpretando pienamente il ruolo dell’uomo rinascimentale, sollecitato dalle istanze di una società sempre più orientata al consumo di massa, ha comunicato attraverso qualsiasi piattaforma disponibile nel suo tempo.

Ma in epoca più recente, anche l’Abruzzo ha dato i natali ad un campione di transmedialità: Luigi Antonelli (Castilenti, 1877 – Pescara, 1942), drammaturgo, poeta, narratore, saggista e critico teatrale, ha ben presente il concetto di glocal nella misura in cui, in qualità di giornalista, all’alba del nuovo secolo, contribuisce alla fama della stampa periodica abruzzese. Come ha evidenziato in un suo studio la professoressa Antonella Di Nallo, docente del DILASS, Antonelli appone la sua firma alle più autorevoli riviste dell’epoca e intesse legami con personalità di statura internazionale, le più rappresentative della cultura italiana, come Luigi Pirandello e Gabriele d’Annunzio.

L’Italia postunitaria affiora nei contorni culturali di un mosaico di regioni desiderose di decorticarsi della crosta provinciale, tese al futuro con l’energia di una “community” di narratori e giornalisti pronti a lucidare l’identità nazionale valorizzando le tradizioni locali: Luigi Antonelli è attivo in questo scambio interregionale volto a intrecciare la letteratura nel tessuto sociale e politico, e nel suo percorso professionale, che valicherà i confini continentali, porterà sempre il valore della sua terra d’origine. Il letterato del nuovo secolo produce e diffonde contenuti per il mercato culturale: nel secondo Ottocento si impone il romanzo, molto consumato nella diffusione d’appendice, e la novella, solidale, per brevità e per impronta veristica, con le tendenze fruitive dell’epoca, intrattiene i lettori su riviste e quotidiani. L’editoria prospera sostenendo un mercato culturale di dimensioni nazionali: gli imprenditori della stampa come Treves a Milano – che nel 1918 rinforzerà la popolarità di Antonelli pubblicando Avventura fantastica in tre atti – e Sommaruga a Roma, sfruttano la leva della pubblicità per vendere il prodotto-libro. «Cronaca bizantina», «Il Corriere di Milano», «L’Illustrazione Italiana», «Fanfulla della domenica», «Nuova antologia»: sono i vettori editoriali che distribuiscono non solo letteratura, pubblicando i lavori degli autori più significativi del momento come Verga, Pirandello, D’annunzio, Carducci, De Santis ecc., ma anche contenuti di economia, politica e scienze.

«Illustrazione Abruzzese» (1899), accoglie il battesimo letterario di Antonelli che esordisce sulla disinvolta rivista di Basilio Cascella: Il latte de le femine, La maga sono componimenti in versi, impreziositi dalle illustrazioni di Cascella e Primavera il primo, e di I. De Sanctis il secondo. Il periodico proporrà anche il dramma L’altro, rivelatore del cristallino talento drammaturgico che l’autore rifletterà con nitore nei generi grottesco e fantastico.

Mentre D’annunzio sta per infiammare le sale italiane con il lancio di Kabiria, nel 1914 «La Grande Illustrazione» promuove una raccolta di tre pièces di Antonelli: La casa dei fanciulli, Il Convegno e Chiaro di luna.

L’uomo che incontrò sé stesso raccoglie il grande successo a piene mani, al teatro Olimpia di Milano nel 1918, e per la critica è la pièce che segna lo stacco dal teatro fiacco del primo Novecento.

All’uscita dal Primo conflitto mondiale, il pubblico italiano è interessato al cinema americano, portatore di una narrazione realistica, e al teatro di varietà. La stampa specializzata, informata dalle riviste «Dramma» e «Comoedia», testimonia il successo che Antonelli raccoglie tra gli anni Venti e gli anni Trenta, sia con la drammaturgia di evasione (Il dramma, la commedia, la farsa,) sia con i prodotti più impegnati (La donna in vetrina): i grandi interpreti del teatro italiano, da Emma Gramatica a Marta Abba, da Virgilio Talli a Sergio Tofano, portano in scena le opere di Antonelli seguendo un calendario di ferro anche all’estero. Quando il cinema statunitense ha già un impianto market oriented, il ministro Giuseppe Bottai, nel 1931, dichiara l’industria cinematografica italiana pronta a competere con un cinema straniero estremamente attraente e divertente, affidando formalmente al proiettore dell’Istituto Luce la responsabilità di educare il Paese: in questo frangente, Antonelli si esprime al massimo della sua transmedialità. Con il riserbo che i letterati nutrono ancora per la tecnica, effetto manifesto dell’imperativo economico, il drammaturgo abbraccia anche il cinema e, nel 1939, imprime sulla pellicola Il Barone Corbò, una commedia composta dieci anni prima.

Nella veste di drammaturgo, come di narratore, o di critico teatrale tra il 1939 e il 1940 per “Il Giornale d’Italia”, Antonelli ha informato tutte le piattaforme mediatiche del suo tempo, partecipando, senza lesinare sforzi, alla vitalità di quello che attualmente viene definito un circuito di consumo culturale: lo spettatore raccoglie informazioni attraverso i media e  valuta il grado di aderenza dell’offerta ai propri bisogni d’intrattenimento. Il consumo culturale, in definitiva, coerentemente con il rinnovato ambiente mediatico, si esprime in un’esperienza ciclica e ramificata nell’esplorazione di tutti i prodotti culturali come libri, musica, radio, televisione, articoli di giornale e così via. Luigi Antonelli ha dimostrato di saper dialogare con le tendenze del suo tempo, le ha intercettate, elaborate e cavalcate, alimentando la generazione di una società massmediatica che scambia il benessere con l’informazione, con la conoscenza. Il DILASS rende omaggio alla figura di Luigi Antonelli e rinnova il suo impegno nel sostenere la formazione dei giovani, chiamatiad interpretare, nell’attuale variabilità ambientale, i codici culturali di una società che muta rapidamente: è una sfida che mette in gioco un forte senso di responsabilità e di creatività. Il ruolo professionale e sociale di chi si assume la responsabilità di elaborare e diffondere o tramettere conoscenza, è prezioso e insostituibile, oggi come allora perché “fatta l’Italia, possiamo informare ancora tante generazioni di italiani!”

Arcangela Palombaro
Tirocinante CdLM Filologia e Tradizioni Letterarie – Dipartimento di Lettere, Arti e Scienze Sociali